giovedì 24 dicembre 2009

ORO INCENSO E MIRA di Leda Ceresara Rossi

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ORO INCENSO E MIRA

di Leda Ceresara Rossi

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Signore, mi no vegno da l'Oriente
come i Magi, portando dei tesori,
ma vegno pa’ adorarTe come lori
anca se i me regali no val gnente.

La mira che Te porto ga el profumo
che ghea ‘l Nadale de 'a me verde età
l'amaro del tenpo consumà
in robe che se sperde come fumo.

Sto scartosseto de oro che go in gaja
i xe i talenti che dovea dar fruto,
mi, distrata, go perso quasi tuto
scanbiando l'oro al presso de la paja.

Ma l'incenso, Signore, almanco quelo,
lo go tegnù par Ti, par Ti soltanto
stanote ghi'n vojo brusar tanto
da inpienar de profumo tera e celo.

Starò in zenocio drento a la capana
confusa in meso a tuta l’altra gente
par dirte grassie, grassie solamente
e cantare coi Angeli l'Osana.
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giovedì 10 dicembre 2009

PRESEPE… UNIVERSALE di Maurizio Musacchi

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…Buon Natale 2009
da Maurizio Musacchi
scrittore e poeta di Ferrara


PRESEPE…UNIVERSALE

Piangi donna venuta da lontano,
nera di pelle con il tuo bambino,
la chiesa profuma di bontà e gente,
preghi ma il tuo dramma non lo sente,
ti scivola una lacrima sul petto,
ti guarda attonito il bimbetto:
-Perché piangi è festa è Natale,
oggi nessuno soffre e può star male!
Balbetta il bimbo, e si fa capire,
no mamma oggi non devi soffrire!
Oggi è festa, è il Santo Giorno,
il Mondo solennizza tutt’attorno,
l’innocente ancora non comprende,
il gesto che la sua mamma offende,
perché la donna ha chinato il capo,
lui è piccino e non ha ben capito:
-Fuori da qui negra, devi andare,
fra gl’evoluti non ci devi stare!
Geme la mamma e s’avvia di premura,
stringendo al petto la creatura,
che ora ha sentito ed è piangente,
non ne sa il perché: è innocente!
Ma un buon prete,colta ha la scena,
l’imbecille atto ben presto frena!
La mamma, e il bimbo, forte abbraccia,
al prepotente intima in faccia:
-Questa qui è la casa del Signore,
e la pelle ha per tutti un colore,
la diede Dio, senza discriminare,
qui davanti tutti dobbiam pregare,
questo presepe segno universale,
che debba prevalere sopra il male!
Non piange più la donna inginocchiata,
il figlio di fianco l’ha abbracciata:
- Mamma, che bello, mentre sorridi tu,
pare che sorrida pur Bambìn Gesù! –
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PRESEPE…UNIVERSALE di Maurizio Musacchi

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…Buon Natale 2009
da Maurizio Musacchi
scrittore e poeta di Ferrara


PRESEPE…UNIVERSALE

Piangi donna venuta da lontano,
nera di pelle con il tuo bambino,
la chiesa profuma di bontà e gente,
preghi ma il tuo dramma non lo sente,
ti scivola una lacrima sul petto,
ti guarda attonito il bimbetto:
-Perché piangi è festa è Natale,
oggi nessuno soffre e può star male!
Balbetta il bimbo, e si fa capire,
no mamma oggi non devi soffrire!
Oggi è festa, è il Santo Giorno,
il Mondo solennizza tutt’attorno,
l’innocente ancora non comprende,
il gesto che la sua mamma offende,
perché la donna ha chinato il capo,
lui è piccino e non ha ben capito:
-Fuori da qui negra, devi andare,
fra gl’evoluti non ci devi stare!
Geme la mamma e s’avvia di premura,
stringendo al petto la creatura,
che ora ha sentito ed è piangente,
non ne sa il perché: è innocente!
Ma un buon prete,colta ha la scena,
l’imbecille atto ben presto frena!
La mamma, e il bimbo, forte abbraccia,
al prepotente intima in faccia:
-Questa qui è la casa del Signore,
e la pelle ha per tutti un colore,
la diede Dio, senza discriminare,
qui davanti tutti dobbiam pregare,
questo presepe segno universale,
che debba prevalere sopra il male!
Non piange più la donna inginocchiata,
il figlio di fianco l’ha abbracciata:
- Mamma, che bello, mentre sorridi tu,
pare che sorrida pur Bambìn Gesù! –
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domenica 18 ottobre 2009

ORISONTI NOVI - Gisella Paolin

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Orisonti novi

Gisella Paolin - Sarcedo


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Par far quadrare i conti
e guadagnarme el pan
a go lassà i me monti
on dì… Massa lontan!

Xera ormai primavera,
mi tuta intabarà,
ancor la neve in tera
e tanto stomegà.

De drio de mi l’infansia
e ‘l canto de la cuna
davanti la speransa
de catare la fortuna.

Ma, na volta rivà qua
me xe tornà el soriso,
tanti fiori za spanà
pareva on paradiso.

Le siaresare in fiore,
‘n arieta come on sogno,
tanta zente de bon core
me jutava nel bisogno.

Chel dialeto visentin
a scoltava tuta ‘tenta
fasendo su on casin
capìa pan par polenta.

Ciacolavo dal cancelo
co ‘n ometo belo grasso
lu tendeva el so orteselo
mi capiva quasi on ca…volo

A go na ciopinara
in meso a le vanese
“Cossa xela, na pianta rara
che la sponta in te sto mese”?

Paciolando tuti i dì
in patuà guaìvo e s’ceto
a go inparà anca mi
quanto béo che xe el dialeto!

Desso, gensai o pareana,
le sisile o i pissacan
no me par pì roba strana
ma paroe a portà de man

e, fasendo dei smissiòti
co tuti do i dialeti
me scapa anca stranboti
ma… Nissuni xe perfeti!

Sarcedo, 13 ottobre 2009



--- NUOVI ORIZZONTI ---

La primavera era iniziata da poco, era caduta molta neve quell'inverno in montagna e nonostante iniziassero a far capolino tiepide giornate di sole, l'inverno non si decideva a lasciare il passo.
Il mio bimbo, (o bimba? allora non c'era ancora modo di conoscere anticipatamente il sesso del nascituro, solo ipotesi azzardate e spassionate) scalciava nel mio ventre, non intensamente, ma quel tanto che serviva a farmi percepire la sua presenza dolce e fedele.
Ero giovane allora, forse troppo per cimentarmi con un bimbo e con l'impegno di mamma.
La mia testa era ancora piena di grilli della gioventù e non ero del tutto preparata alla serietà e dedizione che comporta l'essere genitori.
Da alcuni mesi non avevamo una casa. Inizialmente il problema non sembrava così preoccupante, il lieto evento era ancora lontano e certamente prima d'allora si sarebbe trovata una soluzione consona.
Mi ospitavano temporaneamente i miei genitori, ero, per così dire, tornata al vecchio nido, però percepivo chiaramente che quella soluzione provvisoria creava certi imbarazzi in famiglia.
Mio marito, giovane, coraggioso e determinato, lavorava più a sud dove i monti scompaiono e si trasformano in dolci colline armoniose e dove, soprattutto, il mercato del lavoro era più generoso e promettente.
Quando rientrava, a fine settimana, proponeva con convinzione l'idea di un trasferimento.
"Basta montagna!", diceva convinto; "bella, panoramica e piena di dolci ricordi però priva di qualsivoglia prospettiva lavorativa, meglio affrontare un mondo nuovo, diverso e sconosciuto ma con orizzonti più ampi e luminosi".
Già da parecchie settimane la proposta era ormai ritornello.....io mi sentivo indecisa e preoccupata.
Abbandonare le montagne? Difficilissimo per me immaginare di aprire una finestra e vedere solo campi senza fine ed un orizzonte lontano e misterioso, il pensiero mi incuteva un timore sconosciuto.
La gravidanza nel frattempo proseguiva il suo corso naturale senza particolari difficoltà, il fatidico giorno però si avvicinava inesorabile ed ancora non si sapeva dove andare.
Continuavo a ripetere a me stessa:"Non posso vivere senza la montagna, la pianura mi mette ansia e tristezza, è troppo piatta e priva d'imprevisti".
Lui però, molto più abituato di me agli spostamenti, trovava la cosa molto più naturale e tentava in ogni modo di rincuorarmi e trasmettermi coraggio. "Su", diceva, "il posto dove lavoro e che ho individuato come ideale per viverci, non è affatto in pianura, è vero, non ci sono le montagne,ma ci sono delle bellissime colline piene di verde e di alberi in fiore, vedrai che andrà tutto bene, quando arriverà il momento del parto potremo comunque tornare, intanto però facciamo una prova, vediamo se ci può piacere". Era stato molto convincente e persuasivo, avevo molta fiducia in lui, del suo coraggio senza limiti, della sua grande forza di volontà. Alla fine, un po' a malincuore, ho deciso di accettare.
Era metà aprile, lì in montagna faceva ancora freddo, l'abbigliamento era invernale completo di rigorosi stivali e pesante mantellina di loden (la stessa che avevo il giorno del matrimonio).
Abbiamo caricato in macchina poche cose, due materassi, coperte e lenzuola, poche vettovaglie ed alcuni vestiti, non mancava la borsa contenente l'occorrente per il bebè in caso di sorprese anticipate.
Il lieto evento era programmato per la metà di giugno, ci sarebbero stati giusti due mesi per l'adattamento. Il viaggio, che pur non aveva presentato intoppi, è sembrato lungo e difficile.
Era una bella giornata di sole e nel vedere allontanarsi quei colori intensi della montagna andavo via via rattristandomi. Dopo poco più di due ore siamo arrivati a Marostica, (eravamo partiti presto ,da bravi montanari che si rispettino) il giorno vero, quello dei movimenti della vita, stava appena per iniziare, i bimbi andavano a scuola contenti pieni di grida e di gioia, la loro dimostrazione d'allegria aveva risollevato, se pur di poco, il mio stato d'animo ricco di rimpianto, poco dopo l'auto si è fermata in un cortile... eravamo arrivati!
Appena scesa dall'auto ho sentito un gran caldo:"Ma qui è già estate!", ho detto con sorpresa, poi finalmente ho avuto il coraggio di guardarmi attorno.
Il giardino della vicina era tutto in fiore, un susseguirsi di coloratissimi tulipani e poi narcisi e muscaris ed altre piante che non avevo mai visto prima, appena più in là le colline esibivano una nuova neve, la fioritura dei ciliegi, generosa e bellissima tanto da farmi restare d'incanto.
Sui prati c'erano i fiori del radicchio già quasi di fioritura completata e moltissime margherite. A contornare le mura medioevali del castello.
La mia nostalgia verso i monti era già un vecchio ricordo, ho creduto di essere in paradiso. Erano trascorsi pochi minuti e già mi sentivo a casa, ho cambiato velocemente il mio abbigliamento d'inverno quasi per scuotermi di dosso quel poco rimpianto che avevo ancora in cuore.
Quel giorno, all'ora di pranzo, la vicina del giardino fiorito, mai vista prima, ci ha portato due braciole, già cotte alla brace, con radicchio ed insalata novella, inoltre ci ha prestato un vecchio tavolo e due sedie, visto che, a causa della fretta di partire, non avevamo caricato nulla di questo.
Son passati 28 anni d'allora, adesso il mio bimbo, che era invece una bimba, è già grande, brava e disponibile, a volte lei ed io facciamo visita a quella signora delle braciole (ma anche di tante altre cose che non elenco) e naturalmente continuiamo ad abitare da queste parti, io amo e mi diletto di queste dolci colline della pedemontana senza più rimpianto per i monti alteri ed imponenti che però continuo a visitare di tanto in tanto.
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sabato 17 ottobre 2009

MAIS MARANO - Mariano Guzzonato

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Mariano Guzzonato - Marano Vic.


--- Mais Marano ---




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'Na pianta vegnù fora da un graneto
de sorgo rosso, tipo sinquantin,
che de somensa pararìa poareto,
ma sototera… l'è pien de morbin

tanto che, in puchi giorni, 'l buta fora
du sguinsi verdi e freschi soratera
e dopo, un fià de concime par sora,
'l cresse come un fiore a primavera.

Coi giorni che va vanti, 'l se fa forte,
de piove e venti no'l ga mai paura;
pitosto de morir 'l fa 'e ganbe storte,
ma la so scorsa resta senpre dura.

A pianta ben conpìa, lu te mostra
do, tre panoce bele, coi mostaci;
le foje intorno, che le par 'na giostra,
e le fime, con sora i so penaci.

Quando 'l colore buta verso 'l zalo,
e in punta, i mostaci se fa veci,
ti verzaghe 'l scartosso e, sensa falo,
in grani rossi e fissi te te speci.

Tor su e sgabotarlo a xé un gusto,
laori da far senpre in conpagnia;
de un mais cusì, ghe xé 'l so posto giusto,
in altre parte no' te'o cati mia.

Tajar le cane e ligar su canari,
xé l'ultimo laoro, par da bon;
de'a pianta messa zo a sulchi ciari,
'n te'l canpo resta solo 'l scataron.

I grani scaolà i xé da vetrina,
che dopo 'ver portà tanto laoro,
'na volta masenà, i dà 'na farina
da far polenta che la xé un tesoro
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e sul panaro 'a pare un sole d'oro.
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sabato 26 settembre 2009

SENTO ANI

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Gisella Paolin - Sarcedo

Sento ani




Te sì un libro che gà un mucio de pagine,
mi le vardo par ben, le xè piene de storia,
le leso, le studio e vedo l’imagine
de tuti sti ani rento la to memoria.

Pì che te osservo e pì me par belo,
en meso ale rughe vedo la verità,
no, no ghe xè polvare nel to sarvelo,
te seiti usarlo e no’l xè gnancora fruà.

Te ghè passà tanti ani con passi decisi,
te ghè vivesto nel ben e purtropo do guere,
lo savemo, i dì no i xè senpre precisi
se incontra un bel sole, dele volte bufere.

Con amor e corajo i xè passà, dì par dì,
te sì el meio, mi te lo digo col core
e voria solo inparar tante robe da ti
che te soridi col beo e te fe fronte al dolore.

E se, sbrassolandote ben, forte e streto
mi podesse amalarme dea to malatia,
podaria inparare a restar pì discreta
e coi oci vardare con un fià pì alegria.

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venerdì 14 agosto 2009

EL TRAMONTO - Mirta Fabris

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EL TRAMONTO



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Mama che belo 'l tramonto stassera!
Me sento zo vardarlo
e me incanto, me imago...
Se mùcia tuto: piati, tece e sena,
ma me lo vardo 'l tramonto stassera!
Me 'o godo sto regalo ca no pago
e che no ga confronti:
la gran bala, imponente,
a diese schei dal monte,
pianin lo sfiora, 'l se posa,
pianin 'l va rento, 'l sprofonda,
cambiando colore:
da rosso rubin a zalo,
el mèso che resta me inonda
de trendo arancio e mandarin.
Xe drio finir la festa,
el scapa, el sconde 'a testa
dadrìo del monte, pa' on novo orisonte...
Ma, doman, el tornarà a s-ciarar la note,
a scaldarne 'l core
e po' a zugare, co' vegnarà l'ora,
la solita maravejosa
scondaróla…


IL TRAMONTO

Mamma che bello il tramonto stassera!
Mi siedo a guardarlo
e m’ incanta, mi ammalia…
Si ammucchia ogni cosa: piatti, tegami e cena,
ma me lo guardo il tramonto stassera!
Godo di questo regalo che non ha prezzo
e che non ha paragoni:
la grande palla, imponente,
vicinissima al monte,
pianino lo sfiora, si posa,
pianino si nasconde, sprofonda,
cambiando colore:
da rosso rubino a giallo,
il pezzo che resta m’inonda
di tenero arancio e mandarino.
Sta per finire la festa,
esso scappa, nasconde la testa
dietro il monte, per un nuovo orizzonte…
Ma, domani, tornerà a sbiancare la notte,
a scaldarci il cuore
e poi a giocare, quando sarà l’ora,
al solito meraviglioso
nascondino…
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venerdì 5 giugno 2009

- LA VOLPE DI CLAUDIO - Liana Dal Zotto

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--- La volpe di Claudio ---





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La volpe di Claudio scampata all’eccidio
vagava nei campi fiutando un coniglio.
Oh grazie Signore
adesso mi metto dei bei fiori in testa
e inizio nel prato una danza di festa!

Ohimè! La sua giravolta a metà si arrestò,
un altro guerriero un colpo sparò,
e la bestiola… stecchita restò.

Finite le corse e i salti gioiosi
finiti gli agguati ai conigli paurosi,
adesso la volpe avvolge e circonda
il collo e le spalle di una gran dama
che ostenta il sedere movendolo a onda,

La volpe l’è morta!
Ma no, là vicino al metallico morso,
un barlume di luce a tratti lampeggia:
due occhietti di vetro - inquietanti e furiosi -
scrutano e cercano e non trovano mai
il nonno di Claudio,
causa innocente di tutti i suoi guai.
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Liana Dal Zotto
Cogollo del Cengio
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TERREMOTO IN ABRUZZO - Cecilia Casarotto

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6 Aprile 2009-05-12
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Terremoto in Abruzzo


Un silensio de tomba riciama
i me oci mesi intontii,
co in dosso ancora el pigiama
e nell’aria dei mormorii.
L’è tuto on parlar de disatri,
de scosse continue e forti
de alto grado e ala fine
le gabia causà tanti morti…
“La tera d’ Abruzzo la trema”
disea la T.V. a vosse bassa
“armà de na forza suprema”
me sento cascare le brassa!
Piansevo insieme ai sfolati
che tuto i ga perso in un lampo,
tesori d’un tempo sudati
coe strussie e i lavori de campo.
Ma fra le macerie e i sassi
spuntava un bel fiorellin,
alora ghe go slargà i brassi
par essarghe ancor pì vissin.
E ai corpi che pì no ga scampo
la sia Pasqua eterna par luri,
no i sente pì mali e doluri
i xé come i fiuri del campo.

Cecilia Casarotto

domenica 29 marzo 2009

LA CICOGNA AL GRASPO - a.s.





Pubblicato su “Thiene e la Pedemontana” in distribuzione a Thiene
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La cicogna al Graspo
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Sentendo le ventun cannonate a salve, tutti, a Lugo, capirono che era nato il Principe ereditario, il discendente del re della risata, nonché poeta, medico e speziale, orafo (mago?, novello re Mida?) in più generoso animo d’oro. Guardandosi intorno, contenti i paesani già pregustavano una bella bevuta o, i più fortunati, “na gran magnada” su al Monte, mentre sulla ciminiera della latteria già troneggiava una grossa cicogna sul nido ad annunciare l’arrivo del toso.
Di nipoti, al Graspo, ne sono arrivati tanti e molti ne nasceranno ancora, indipendentemente dalla vena poetica dei nonni, ma Nicola, il neonato, è speciale essendo il primo nipotino di Claudio Cappozzo (e della sua Assunta). Questo spiega tutto.
Sussurrano in giro che il nonno sovrano (peccato, nonno così giovane e prestante!) abbia portato il fresco e nobile rampollo a vedere subito i beni del reame. Il piccolino, fra i nastri e i vestitini tricottati con tenerezza da nonne e bisnonne, cullato amorevolmente da Claudio, avrà forse pensato alla noia del suo rango. Passare dalla pianura nebbiosa di Ciùpese (Dueville), sostare a lungo sulle infinite rive dell’Astico e sulle colline di Lugo e raggiungere la culla del casato a Monte di Calvene e in più visitare malghe, stalle moderne, vigneti, cantine e cantieri, avrà frastornato un po’ il neonato! Chissà forse avrà pensato: ”Che mi diverta a vivere come nonno Claudio, poetando un po’ e chiacchierando in giro con la ganassa de mas-cio in mano, o che lavori sodo con la vendemmiatrice come il papà?”
Forse, sentendosi così amato e così importante, avrà deciso di rinviare la scelta. Tanto… anche se la borsa va giù, l’oro va su e i campi restano! (a.s.)
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lunedì 16 marzo 2009

CASA MIA - Mariano Guzzonato


LUGO – 14 MARZO 2009
- - Filò col Graspo - -
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CASA MIA

Me piase el posto indove ca sto,
qua ghe son nato, no in ospedale;
fin da picolo, questo mi so,
e scrito in tel libro comunale.

Da la me casa vardando 'l sole,
canpagna verta davanti a mi
e girando, drìo de le me spale,
arco de monti de fronte al dì.

Mureta, corte, orto e giardin,
pì 'n là un parcheto, alte le piante;
na palissata a far da confin,
co' la so siesa, poco distante.

De drìo de casa un portegheto,
do strìssie de piastre d'un bel viale,
oto frutari rento un canpeto
e pì su, i filari del vignale.

Tuta 'sta roba me 'a tegno cara,
mi ghe sto drìo da matina a sera;
co magno 'e nose de 'a me nogara
gusto 'l profumo de la me tera.

Gera casa grande, patriarcale,
primi otossento, diséa me noni;
portego, tèse, punari e stale,
el cesso fora pa' i so bisogni.

Adesso xe sta rimesso a posto,
co' i so servissi e tuto par bon,
ma un bel ricordo mi go tegnesto,
quel de 'stiani, gran cusinon.
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sabato 14 marzo 2009

VITA NÓVA - Bepin Daecarbonare

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LUGO – 14 MARZO 2009
Filò col Graspo

VITA NOVA

L’ano vecio pitosto malandà
el novo nato ga in pressa saludà.
Intanto dal bonbaso
el nono del Domìle,
ociando da la cuna
fodrà de seda e raso,
el resta inpressionà.
On camaron de jente de ogni condission
lo sìdia de richieste, lo mete in confusion.
I stròloghi coi maghi,
befane e fatuchiere,
d’acordo col Poiana
coi péndoli e le sfere,
promete... la bobana:
salute, amor, benèssare,
crocere torno al mondo,
e de palanche tante:
on pósso sensa fondo.
Invesse l’ano novo par contentare tuti,
vardando su tel celo domanda la BONTA’.
E... dopo el se indormensa
strenzendo tei pugneti
el sogno de ogniùn:
na man tacà chel’altra
che liga e no se lassa,
na fila longa longa
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PRIMAVERA - Cecilia Tribbia

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LUGO – 14 MARZO 2009
Filò col Graspo

PRIMAVERA

Su l'orto stamatina un mar de fiuri
tacà la mandolara e 'l pino grande.
Son nata e so' invecià con luri,
drento a sti muri de la casa nova.
La musica scoltava e le speranse,
vardando el cel con qualche nuvolon
e i me tusiti fare canpanon.
Alora co' la scoa spacava el mondo
ma in verità scrivéa su l'aqua...
Le sento sussurà chele parole:
“Biòn fare la lession sensa far mace,
conprè 'l penin, a scola se sta 'tenti
e no se fa le rece in te 'l quaderno!”
E fora scapava a laorare.
Ma co xe sera, libri su 'a tola,
minestra freda sul piato,
e mi che i me badava fa un can straco.
Na guera me tocava scatejàre,
po' i vardava dormire tacà so pare
e tornava in cusina sonar la me solfa.
Vardar sachéte, tacare un boton,
netàre scarpe, stirar traversoti.
Anca d'inverno, col fredo,
la gera par mi primavera
e fiuri sbòciava lí intorno.
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COSSA GAVÌU? - Marcella Zordan

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LUGO – 14 MARZO 2009
Filò col Graspo

COSSA GAVÌU ?...

Stéle de bucaneve un fià roàne,
cossa gavìu, vergogna de spanare
ca ve tegnì chei bòcoli tacà
soto onbrele de foje?
E ti, cavasso de calicanto
inbrufolà de zalo,
fetu posta inbrojare seleghete
o xelo tuo dal bon, fredo che sìe,
l’inbròjo de stajon?
E valtre, viole
vestìe de sbiavo, gnanca fussi nà
ruscare ‘te l’armaro dei coluri
de l’an passà?...
Parché no sento pì
chel canto forte e ténaro de sti ani
inprofumà de bon?
Scometo che
fare un masso mi ve contentarìa,
bandiera fresca de quel prà pì verde
co’ torno man che sa de bociarìa...
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EL MERLO INAMORÀ - Mirta Fabris

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LUGO – 14 MARZO 2009
Filò col Graspo

EL MERLO INAMORÀ

Da on ramo oncora spojo de na pianta,
on merlo lìssio, piturà de china,
‘pena che spunta l’alba trendarìna,
se sgola in sentimento, el fis-cia, el canta…

El segna primavera quasi spanta,
sbocià el narciso e ‘a viola, la regina,
l’aria s’à lavà e fata bela fina,
sento che ‘l cor se slarga e l’ansia sfanta…

Ma go sòno e bróntolo, son sincera,

parché ogni dì sto sior a l’alba me svéja;
no podarìa bastarghe cantar a ‘a sera?

Pian pian me chieto e po’, te ‘l dormivéja,
tifo pa ‘l merlo inamorà, che spera
catar na sposa e farse na fameja.
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L’ORGANO - Carlo Ciscato

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LUGO – 14 MARZO 2009
Filò col Graspo

L’ ORGANO

Stasera vardo, el sole a l’orisonte
l’è drìo spenelare de coluri
el celo e le montagne su le ponte
che ‘e pare inghirlandà de tanti fiuri.

De colpo sento un organo che sona:
xe el vento che ‘l tol su la sinfonia,
dai buschi e le valate za rintrona
le note, soni, canti e melodia.

Le gùlie del Pasubio e del Carega
se slancia come cane su nel celo
che col so sono alto par che ‘e prega
la note, za calà col scuro velo.

Dal Cengio, dal Paù e dal Suman
s’inpissa na luceta, par che ‘a dansa,
al mondo par che ‘a diga che doman
col sole nasse ancora la speransa.

La luna come un grande musicista
dirige un gran concerto co’ le stele
e tute le creature ne la pista
le bala e canta lodi, le pì bele!
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DOPO LA PIOVA - Luciana Lobba

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LUGO – 14 MARZO 2009
Filò col Graspo

DOPO LA PIOVA

Nel celo griso
l’arcobaleno,
nel campo mojo
spighe de grano.

Butà de traverso,
come a dormire
dopo un lungo
strapasso,

slusega te ‘a siesa
perle de piova
posà sora le foje
caressà da l’ultimo
ragio del sole.

Spìa na lumega,
la slonga i corniti,
la beve na giossa
e la torna nel sgusso.

Passa i rondoni
fin rasotera,
d’un fià m’inacorzo
che cala la sera.
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GIORNATA SERENA - Cecilia Casarotto

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LUGO – 14 MARZO 2009
Filò col Graspo

GIORNATA SERENA

Un bel dì son stà a Ciupan
dove vao par devossion:
me abrassava le montagne
e ‘l sol tiepido de ‘a stajon.

Sentivo intorno un’aria
che màsena i ricordi
de tanti ani fa
sfiorar la fantasia.

La ga servìo a ridarme
el profumo del bon pan
le calorìe del forno
da mai desmentegà.

Tornando a la me gente,
a quel che xe restà,
rumegava la me mente
pensando a la bela età.

Par verzarme un po’ fora
e darme un fia’ de vita
scumìssio a caminare
varcando una salita.

Arivo in sima a un monte
e vedo el me paese,
de fianco al bel torente
do bando a le pretese.

Se ga scaldà el me core,
me sento na regina,
Ciupan l’è sempre quelo,
‘l me fa sentir banbina!
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VECIO SALGÀRO - Tita Palanca (;Lino Gandin)

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LUGO – 14 MARZO 2009
Filò col Graspo

VECIO SALGÀRO

Zo pai teràji de l’Àstego,
doe che ‘l trodo
schinca inbriago
e, ingobandose tra i sassi,
te on stramaro el se perde
de ortighe e cavassi,
on vecio salgàro,
che st’istà gera verde,
el fa da confin.
On gnaro fruà par corona,
du gropi come du oci,
on crepo de boca sdentà,
du rami spalancà
che soméja du brassi.
Imus-cià verso note,
sventrà verso el dì,
anca lu on poro cristo
spuntà propio lì…
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VECIA FATORIA - Bruna Bonotto

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LUGO – 14 MARZO 2009
Filò col Graspo

VECIA FATORIA

Soto ai ragi caldi del sole,
su prà verdi e spassi imensi,
schene curve, poche parole,
e giorni de lavori intensi.

Torna a casa ‘l contadin
da le strùssie conpagnà.
Ghe va incontro el so putin
soto ‘l celo che arde de istà.

Terminà le dure fadighe
cade ‘l silensio so la sera;
sbòcia un sogno de bionde spighe
e anca l’aria se fa lesiera.

Se la tera podesse parlare
de tante stajon zolà via,
corarìa ancora lagrime amare
e l’eco de na storia ormai finìa.

Desso l’aria no ga profumo
e le piante ga perso ‘l colore;
romba i motori, i sémena fumo..
e la campagna vive in dolore.

NA SANA PASSION - Lella Parise

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LUGO – 14 MARZO 2009
Filò col Graspo

NA SANA PASSION

Te le càssie, là in fondo al boscheto,
a ghin trovo a faméje ciudini:
un profumo te ‘l so capeleto,
mi li fasso secondi ai porcini…
E smissiài a quei del me prà
qualche altro che trovo ne ‘e soche,
a inprofumo co i fasso a contrà
che ghe asso la voja in te ‘e boche.
Qualche volta co vo su in montagna
a trovare te l’erba le onbrele,
a le friso e le conso co’ ‘a pana
e le gusto in delirio anca quele.
Ogni ano spetémo che ‘l tenpo
fassa el bravo e ‘l ne daga un urton,
fassa nàssare i funghi in chei posti
contentando la nostra passion.
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BRONSE QUERTE - Irma Lovato

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LUGO – 14 MARZO 2009
Filò col Graspo

BRONSE QUERTE

Bate in te la stua
el core de fagàro,
spìa fora pal camin
par farghe el bafo a genaro.

Bate ne ‘a note freda
na sgresénda de moraro,
rento la fogara
la vol farse el gnaro.

Sora un cussin de sénare le se riposa
na brancà de stèle querte de corsa,
le fa finta de dormire russando un fià,
semenando el caldo de le istà passà.

Na poesia…
con afeto te go scrito,
bronsa querta del me bosco,
principessa in tel me leto:

pa’ scaldarme i nissói no te te sparàgni,
par cunare i me sogni te assi andare i to bei ani.
Co ‘l vento pètena la Vale de aria fina,
bate soto na querta molesìnana bronsa de fagaro
che no vedarà matina.
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LA SCHINCA - Giuseppe Segalla

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LUGO – 14 MARZO 2009
Filò col Graspo

LA SCHINCA

Quando che ‘l Padreterno, bontà sua,
te sùpia in peto l’anima e te vivi,
questa xe fata fa na giossa de àcoa.
Pol capitare, una so on milion,
che la sia come on rìssolo de buro:
te resta lora ‘l dono de la schinca,
un sguìsso da bisato che te incanta.
Ti pensa che anca ‘l vate Meneghelo
el ghin à scrito sbonbo de emossion.
La schinca no xe roba che se inpara
gnanca a fruàrghe drìo la vita intiera.
La xe come on s-ciantìso de la mente
che fa sonar so l’atimo che serve
el mèjo de l’orchestra muscolare.
El poro can che te se para vanti,
se te vè a drita lù narà a sinistra,
o fursi ‘l finirà inciodà par tera,
a domandarse cossa sia sucesso.
La schinca l’è on baleto, l’è on rondò,
l’è come on acuto de bel canto
fato pa’ incantismare e stravanire…
E qua lo digo, lo confesso pian:
mi lo gavévo el dono de la schinca!
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LA BANDA - Floriano Zambon

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LUGO – 14 MARZO 2009
Filò col Graspo


LA BANDA

Na volta, de domenega matina,
o co jera le feste comandà,
te rivava, portà da l’aria fina,
la musica de ‘a banda de ‘a sità.
Incoadrà par la strada come alpini,
coi tronboni sul tenpo dei tanburi,
smissiando ben i flauti coi clarini,
i nava vanti sgoèlti e ben sicuri.
E mi ca jero bocia, co’ me opà,
a me sentéa zolare come oselo,
restava lì a vardarli inbanbolà.
Gnente in tel mondo me paréa pì belo,
le note, come perle ben postà,
ghe dava n’altra luce fin al celo.
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A CLAUDIO - Miranda Bille


LUGO – 14 MARZO 2009
Filò col Graspo

A CLAUDIO

(dedicata a Claudio
“Dotore in medesina pop.”)

Nessun fa ti
sa vìnser le patùrnie
che tanti se strassìna
dentro al core.
Basta na frase
e ti, da vero artista
come puchi,
“studioso de rimedi naturali”,
te fe sgropar
le lagrime pì amare,
nel rìdare de gusto,
e te regali na liberassion
che né pastilie
e né doturi laureà
no i ga inparà gnancora
a procurare.

FESTA - M.Linda Cicchelero


LUGO – 14 MARZO 2009
Filò col Graspo
Festa
’Te la me contrà, in gaja a ogni stajon,
nasséa agnei, cavrìti, vedelìti,
nidià de pulzini e sbrancà de uselìti.
La zera senpre ’na festa
pa’ le creature da poco a la vita afacià.
Ma quando nasséa ’n toseto,
alora la festa zera ’na festa rento la festa.
Tuta la contrà se faséa so la porta
e coréa chel ciacolar contento:
« L’è ’n mas-ceto, l’è na toseta,
l’è biondo, l’è moro, l’è risso, l’è pelà ».
’N novo celo paréa se fusse svelà.
Nuvi pensiéri, vece fisionomie,
ritorni de primavere in bianche stajon
de ani e de neve incanutìe.
La gioia se sbrissolava de man in man
par catàrse tuta
’nte i oci de veludo de la mama,
fresca de dolore desmentegà,
’n tel picolo miracolo a la Vita afidà.

UN MONDO DE SOGNO - Leda Ceresara Rossi


LUGO – 14 MARZO 2009
Filò col Graspo


UN MONDO DE SOGNO

(dedicata a Firmino Brazzale)
Te ‘l grande senario dei monti
la vita se fa generosa,
col rosso infogà dei tramonti,
co’ albe de argento e de rosa,
e ‘l blu de le note pì bele,
con pergole fate de stele.

E l’anima tua de poeta
te porta pa’ buschi e sentieri,
là dove la mente se chieta
e sensa pì ansia e pensieri
te scolti ogni àrfio, ogni vosse,
che solo ‘l to core conosse.

Co’ oci de eterno putelo
te vardi ‘l to mondo incantà,
spiando ogni gnaro de oselo
e l’àcoa del fosso che va,
un fiore che sbocia tra i sassi,
le pèche de ‘a volpe e dei tassi.

E quando te l’aria turchina
da l’alto del monte zolando
vien l’aquila, grande regina,
te ‘l core se fa ancor pì grando
e ancora pì vivo ‘l bisogno
de stare in sto mondo de sogno.
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VOSSE DEL TENPO - Leda Ceresara


LUGO – 14 MARZO 2009
Filò col Graspo

Vosse del tenpo

Camino longo strosi che conosso
da sola, vao pianìn, contando i passi,
me ricordo ogni curva che fa ‘l fosso
e ‘l ciacolar de l’àcoa sora i sassi,
e ‘l pontesèl de legno dove ancora
le tole sgrensa a caminàrghe sora.

Da senpre qua ghe xe un silensio fondo
apena roto da un sospir de vento,
epure in te sta frégola de mondo
mile vosse me parla e mi le sento:
vosse fermà dal tenpo chi sa come
che me invita ciamàndome par nome.

El sole crea ricami de oro ciaro
filtrando de traverso tra le foje
e l’aria ga l’aroma dolse-amaro
de legno vecio, mus-cio e erbe moje;
le piante sentenàrie sa ogni storia
che me porto stanpà ne la memoria.

So che qua in fondo l’eco ghe xe ancora
e, se lo ciamo come da putela,
l’eco me dà risposta come alora,
però la vosse no me par pì quela,
e ‘l viso che se spècia drento al fosso
fursi l’è mio, ma no lo riconosso.
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EL ME ALBU DE NOSSE - Gisella Paolin


LUGO – 14 MARZO 2009
Filò col Graspo

El me albu de nosse
Braghe scure e mantelina:
la sposa, na toseta,
se veste al’incontrario!
Làgrime cala dai oci
de oposte anbission:
rason smorsà de na mama
o sodisfassion de la novissa
piena de corajo?
Zobia, el dì pena comissià.
Poca zente, ai puareti
no ghe va drìo nissuni.
L’organo de ‘a cesa,
sonà da ‘n amigo,
smìssia le so note
co’ ‘l ciacolar pacioloso
de anime parbèn.
Su la tola, dopo,
polenta e luànega.
La neve, tanta e giassà,
se desfa al passare
dei nostri córi caldi.
La sera,
ne la casa che
no conosse fogo,
fa fiama la passion.
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CHI - Tarcisia Dal Santo

LUGO – 14 MARZO 2009
Filò col Graspo

Chi

Chi coi penèi pitura,
chi sona el mandolin,
chi sta zugare a carte
tacà un bicer de vin.

Chi vanga tuto l’orto,
chi fa na passegiata,
chi fa un gireto in piassa
opur na scampagnata.

Chi va ne la palestra,
chi invesse va balare,
chi mena i boce a scola
pa’ sercar de jutare.

Chi propio no pol móvarse
parché ga dei problemi
dòpara la passiensa
pa’ stare pì sereni.

Chi che sta lì a pensare
“ansian no xe mia belo”
i daga l’esperiensa
pressiosa fa’ un giojelo.

Chi xe che sta disendo
che no serve i ansiani?
Lóri ne sta insegnando
a sperar nel “Domani”.
.





SÉNARE - Ruggero De Rosso



LUGO – 14 MARZO 2009
Filò col Graspo

Sénare

Sentìo zente
el tempo che va
colorando le ore
de sènare
ma confondendone
co mile mestieri
e co pensieri
che ne parla
de imortalità?!

Cossa faremo quando
rivaremo là
andove no ghe sarà
più gnente
de tuto questo
via de nostro Signore
ch'el speta?
Mi ve digo:"
Speremo ch'el rida!"
.

NINA NANA - Galdino Pendin


LUGO – 14 MARZO 2009
Filò col Graspo

Nina nana

Du ocioni che sluse dal sono
e na vose de mama che cuna;
dal celo tri quarti de luna
che varda sta séna incantà.

Pianpian le dó stele se smorsa,
se sente s-ciocare un baseto,
se posta le coèrte del leto,
se sente pregare cussì:

Signor che te guidi el futuro,
protegi sta me creatura,
la vita par lu sarà dura
te un mondo de rabia strapien.

In meso a le insidie del male
e la corussion de la gente,
conservalo sempre inocente;
Signore, me fido de Ti!
.

sabato 7 marzo 2009

MODI DE DIRE DURANTE L’ANO - Bepin Daecarbonare


Da “Quatro Ciàcoe” de genaro 2009
Mensile de cultura e tradission vènete


- GENARO:
2 - S. Bovo - De S. Bovo la torta va al fogo. (torta fata de sangue de mas- cio).
6 - Epifania - La stria tute le feste scoa via.
17 - S. Antonio abate - S. Antonio fa el ponte e S. Paolo (25 genaro) lo ronpe.
20 - S. Sebastiano - S. Bastian co' la viola in man.
21 - S. Agnese - Da Sant'Agnese meso fen e mese spese.
22 - S. Vincenzo - S. Vincenzo da la gran fredura e S. Lorenso (10 agosto)da la gran calura, l'uno e l'altro poco dura.
- Quando el moscon camina de genaro, ciapa el rosegoto e mételo in granaro (far economia parché vien la carestia).
- De genaro tuti i gati va in gataro.

- FEBRARO:
2 - Candelora - Quando vien la Candelora da l'inverno semo fora, ma se piove o tira vento, ne l'inverno semo drento.
14 - S. Valentino - Par S. Valentin se veste 'l grande e anca el picinin.
- De S. Valentin fiorisse el spin.
- Febraro, febrareto curto e maledeto.

- MARSO:
19 - S. Giuseppe - Par S. Giusepe se buta via le grepe.
21 - S. Benedetto - Da S. Benedeto la sisila ze sul teto.
25 - Annunciazione - A Santa 'Nunziata se buta via la pignata (scaldin).
- De marso, ogni mato va descalso.
- Marso suto, aprii bagna, beato 'l contadin che ga semenà.
- Marso marson, tri dì de aqua e uno de bon.

- APRILE:
1-2-3 - Primi tre aprilanti, quaranta somejanti.
23 - S. Giorgio - Se piove da S. Giorgio, carestia de fighi.
25 - S. Marco - Quando S. Marco pasquarà tuto '1 mondo tremarà.30 - S. Caterina - Da S. Catarina da la stala a la cusina.
- Voja o no voja, a Pasqua ghe ze la foja.

- MAGIO:
1 - El primo de ghirlanda, quaranta dì comanda.
3 - S. Croce - Se piove da Santa Croce, va sbuse le nose.
4 - Ascensione - Se piove el dì de l'Assensa, el boaro perde la somensa.
25 - S. Urbano - Da S. Urbano, siarése a piene man.
- Majo ortolan, tanta paja e poco gran.
- De majo canta i mussi.

- GIUGNO:
11 - S. Bàrnaba - San Bàrnaba e san Simon, tegnime lontan da la sita e dal ton.
15 - S. Vito - Par San Vio, le siarese ga el marìo (verme).
29 - S. Pietro - Se piove de S. Piero, piove nel caliero.
- El mese de giugno inpiena el pugno (co la falsa in pugno).
- LUjO:
12 - S. Fortunato - De S. Fortunà, bravi quei che ga sapà.
22 - S. Maddalena - De S. Madalena, la nosa la ze piena.
26 - S. Anna - A S. Ana, la piova la ze na mana.
- Có le nuvole va al mare, toi sù i bo e va arare.

- AGOSTO:
1 - Al primo de agosto, le ànare se mete a rosto.
2 - Dal Pardon se tra la sapa te on canton.
7 - S. Gaetano - La verza de S. Ghitan i poi piantàrsela in man.
15 - Assunzione - L'aqua de la Madona l'è ancora bona.
16 - S. Rocco - De S. Roco, le nose va in sgaboto.
- Agosto maùra e setembre vendema.

- SETENBRE:
9 - S. Gregorio - Se piove de S. Gorgon, 7 brentane e on brentanon.
16 - S. Eufemia - Par Sant'Eufemia scomissia la vendemia.
21 - S. Matteo - De S. Matio ogni fruto l'è conpìo, el bel tenpo ze finìo e le vache torna indrìo.
- A luna setenbrina, sete lune se ghe inchina.

- OTOBRE:
7 - S. Giustina - Da S. Giustina l’ua rabosa deventa marzemina.
16 - S. Gallo - Se fa belo a S. Gai, fa belo fin Nadal.
28 - S. Simeone - A S. Simon se cava la ravissa e anca el ravisson.
- De ua marzemina gh'in va poca su la tina, e quela che la va la ze tuta becolà.

- NOVENBRE:
1 Ognissanti - Se tuti i Santi ronpe 'l tenpo, i morti lo justa.
- Fin ai Santi la somensa se porta su i canpi, da i Santi in là la se porta a ca', a san Martin la se porta al mulin.
11 - S. Martino - Da S. Martin l'inverno ze in camin.
- L'istadela de S. Martin dura tre jorni e un pochetin.
30 - S. Andrea - Da S. Andrea el fredo bècola.

- DISSENBRE:
2 - S. Bibiana - Se piove el dì de S. Bibiana, 40 dì e 'na stimana.
6 - S. Nicola - Vegnarò sa podarò (la neve).
13 - S. Lucia - Da Santa Lùssia el fredo crussia.
21 - S. Tommaso - Da S. Tomìo a Nadal i dì se slonga un pìe de gal.
25 - S. Natale - Nadale coi tui e Pasqua con chi che te vui.- La neve dessenbrina sete volte se raffina.