lunedì 10 marzo 2008

"Parigi, Parigi… Altra Vita!" - Liana Dal Zotto


Racconto di Liana Dal Zotto tratto da:
"Parigi, Parigi…Altra Vita!" di Germano Zuccollo


Francia: SCAMPOLI DI RICORDI

"Doman andemo in Francia!" Ricordo la cucina dei nonni e tanti parenti riuniti in una specie di cena di saluto alla vigilia della partenza. Avevo sei anni ed ero la maggiore di quattro sorelle. "E come fetu che no te se parlare el francese e no te capissi gnente?" mi chiede mio cugino Moro Rabata. "Oh, ma mi lo so el francese! Riso se dise rè e tutte le altre parole te le scurti". Beata innocenza e incoscienza! Del viaggio ricordo che ad ogni stazione di cambio, mia mamma faceva la rassegna riunendo figlie, valigie, borse e fagotti nella stessa "conta". In piena notte sostiamo a Modane, parola magica che segna il passaggio della frontiera. Mi figuravo che dopo la famosa frontiera ci fosse un cambiamento e tutto fosse diverso. Rimasi un po’ delusa nel constatare che gli alberi, la campagna, le strade e le case erano dopotutto solo la continuazione di quello che c'era prima.
Mi commuovo ancora pensando a me bambina che, il giorno dopo, parte da casa col cuore che batte e in mano il secchiello del latte, ripetendo per; tutta la strada "on lì o le" che secondo la versione di mio padre voleva dire "un litre de lait". Naturalmente prima dovevo dire "bonjur" e poi "mersì". Mi ricordo ancora il negozietto che aveva due scalini da salire per entrare e il sorriso della grassa lattaia che travasò nel mio bidoncino il "le" diventato in seguito parte scherzosa del lessico familiare.
Primo giorno di scuola. La maestra, giovane e carina, mi parla guardandomi negli occhi forse per farsi capire meglio. Mi mette accanto a una bambina che, secondo lei, mi avrebbe aiutato.
Solo che la bambina era per me altrettanto incomprensibile, ho capito solo che si chiamava Miledì, il resto era un dialetto toscano infarcito di "C" aspirate che mi facevano quasi paura. La maestra mi mostra una matita "cre-ion" e io ripeto "creion". Sforzandomi di riprodurre quella "erre" raspata in gola e i movimenti della sua bocca che mi sembravano quelli di un pesce che si apre e si chiude.
Passano gli anni, sono alle scuole superiori. La guerra è cominciata. Per la Francia è un brutto momento: il Belgio è invaso e anche la Francia del nord, i tedeschi avanzano. L'Italia è ancora neutrale. Ogni mattina la professoressa legge il giornale e tutta la classe ascolta attenta. La speranza è che "la nostra sorella latina non si metterà contro di noi".
Invece una brutta mattina ecco la notizia: "L'Italia ci ha pugnalato alle spalle". Ancora rivedo la pagina del giornale col grosso titolo. Io avrei voluto sparire, ero lì nel mio banco col cuore stretto e le lacrime che mi venivano giù e tutti gli occhi delle compagne rivolti verso di me. La professoressa mi guarda anche lei e dice: "Ma non è la Dal Zotto che ci ha dichiarato la guerra". È stato uno sciogliersi in lacrime di tutta la classe e ricordo ancora il conforto degli abbracci delle compagne.
Certamente quando si è "foresti" ci si trova a subire episodi poco piacevoli e si devono ingoiare commenti e giudizi malevoli. Le comunità sono formate da persone. Fra queste c'è il cattivo, lo xenofobo sempre pronto al sospetto e all'ingiuria. Per fortuna c'è anche chi conserva equilibrio e generosità.
Di questo periodo abbastanza lungo trascorso in Francia, conservo un ricordo di piacevole convivenza. Riconosco di aver ricevuto, nelle loro ottime scuole statali, un trattamento assolutamente alla pari. Mi auguro che anche da noi, che adesso siamo dall'altra parte, i "foresti" siano capaci di capire che hanno si dei diritti ma anche dei doveri, e che la loro esperienza di convivenza sia positiva per loro e per noi.

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